Il fascino oscuro delle passerelle conquistalo spirito di Halloween
L’autunno sussurra dei segreti che solo la moda sa raccontare. Mentre le foglie cadono e il cielo si tinge di grigio plumbeo, le passerelle si trasformano in teatri di seducente oscurità. Non si tratta di travestimenti effimeri, bensì di un vero e proprio linguaggio estetico: la Horror Couture, dove l’eleganza incontra il mistero e il nero diventa il colore supremo dell’intelligenza e della sofisticazione.

Il lato gotico della femminilità
Quest’autunno-inverno 2024-2025, i grandi nomi della moda hanno scelto di celebrare il lato più affascinante del buio. Versace lo ha fatto con una “considerata wildness”, dove il tailoring tradizionale viene stravolto da drappeggi audaci, corsetti strutturati e silhouette che giocano tra il prim e il sensuale. Donatella ha sussurrato attraverso la sua collezione: “Questa donna è una brava ragazza con un’anima selvaggia. Raffinata ma sexy. Non è da tocccare impunemente.”
Dior, invece, ha reinterpretato il gotico attraverso Maria Grazia Chiuri, che ha trasformato i tradizionali pizzi da signora in rouche e volant fluttuanti simili a sudari, regalando una visione quasi ecclesiastica del fascino femminile. Non era una provocazione gratuita, ma una dichiarazione di intenti: una femminilità decostruita, intelligente, che sfida i canoni convenzionali.

Le icone eterne del gotico elegante
Quando pensiamo al gotico sofisticato, un nome emerge spontaneo: Morticia Addams. Con il suo abito nero fasciante, i capelli corvini e lo sguardo magnetico, ha definito per sempre un’archetipo di bellezza allo stesso tempo sensuale e intimidatoria. Non è un caso che celebrità come Monica Bellucci, Angelina Jolie e Dita Von Teese continuino a riproporre quest’aura nei loro red carpet look, senza mai scivolare nel travestimento, ma mantenendo un eleganza innegabile.
La pop culture ha fatto il resto: Wednesday Addams di Jenna Ortega ha riacceso la febbre gotica, mentre Tim Burton continua a influenzare l’immaginario collettivo con i suoi mondi onirici e oscuri. Ma il vero filo conduttore resta la tradizione letteraria e cinematografica: da Nosferatu a Dracula, da Il Corvo ai racconti di Edgar Allan Poe, tutto confluisce in una visione del buio che non è mai negativo, ma profondamente affascinante.

I pilastri dello stile: pizzi, velluti e dettagli teatrali
Cosa caratterizza concretamente la Horror Couture di questa stagione? Innanzitutto il nero assoluto, quasi sacramentale, che si intreccia con accenti di rosso cremisi — non il rosso dell’amore, ma quello della passionalità e del mistero. Poi c’è il pizzo, non delicato ma strutturato, quasi drammatico. I pizzi impalpabili si sovrappongono a tessuti più robusti come la pelle lucida e il velluto profondo.
I corsetti, sia quelli visibili che quelli nascosti, tornano a scolpire la silhouette con precisione, mentre i mantelli assumono proporzioni quasi metafisiche. Le maniche a sbuffo ricordano il nuovo Rinascimento, i colletti vittoriani sono reinterpretati con occhio contemporaneo. Gli accessori non sono secondari: stivaletti alti in pelle, guanti lunghi di raso nero, borse oversize dalle forme inquietanti.

Da Ann Demeulemeester a Alexander McQueen: la nobiltà del gotico
Se vogliamo parlare di veri maestri del gotico colto, non possiamo escludere Ann Demeulemeester, che questa stagione ha portato in passerella un’estetica gotica rivisitata con maxi cappotti, dettagli in pelle e colletti vittoriani, mantenendo però una palette estremamente sobria, quasi monastica nel suo rigore.
Alexander McQueen, invece, rimane fedele al suo dna disturbante e affascinante. Ispirandosi all’epoca elisabettiana inglese, ha introdotto gorgiere teatrali e finte pellicce di ermellino, lavorando su sovrapposizioni di tessuti che creano un’atmosfera da tragedia shakespeariana. I colori? Nero dominante con tocchi calibrati di bianco, viola e quel rosso che rimanda più a un delitto che a una dichiarazione romantica.
L’atmosfera: fuori dal travestimento, dentro la consapevolezza
Ciò che rende interessante questa Horror Couture non è la ricerca del brivido gratuito. Piuttosto, è l’acquisizione consapevole di un linguaggio estetico ricco di storia e significato. Quando indossi un corsetto di Versace, un pizzo di Dior o un mantello di McQueen, non stai recitando un personaggio: stai facendo una dichiarazione sulla bellezza, sulla raffinatezza, sulla capacità di trasformare la paura e il mistero in strumenti espressivi.
Il gotico non è più confinato negli underground o nelle nicchie. È diventato mainstream, pur conservando la sua aura di ribellione poetica. Come scrivono i grandi archivi della moda, “il buio affascina, la paura seduce, e ancora una volta, trova casa sulle passerelle”.

Come reinterpretarla nella vita quotidiana
Se sei affascinata da questa estetica, non devi aspettare il 31 ottobre. Inizia con un abito nero in velluto o pizzo, aggiungi stivali alti in pelle, un rossetto in tonalità borgogna e una borsa dalle linee strutturate. Un cardigan con bottoni scuri, una blusa bianca con rouche sottili, un mantello leggero in tulle nero. Gli accessori metallici — fibbie, catene discrete, anelli in argento — completano il quadro senza eccessi.
Il segreto? La moderazione nel dettaglio e l’esagerazione nella silhouette. Non è un accumulo di elementi bensì una scelta consapevole, un’architettura di significati tessuti insieme.
L’eredità che continua
La Horror Couture non è una tendenza effimera. È la continuazione di una lineage estetica che attraversa Vivienne Westwood, Alexander McQueen, e che oggi si rinnova con visionari contemporanei. È il riconoscimento che la bellezza non ha bisogno di essere sempre luminosa e convenzionale. A volte, la bellezza abita l’ombra, sussurra dai pizzi e si manifesta attraverso il silenzio eloquente di un nero profondo.
Mentre l’autunno avanzen e ci avviciniamo all’inverno, questa non è solo una questione di moda. È una dichiarazione di indipendenza estetica, un modo di dire che la femminilità, in tutte le sue forme, è degna di essere celebrata. Anche quando — soprattutto quando — si tinge di nero.
A cura di Lorenza Caradonna


